Ventennio


L’avvento del fascismo suscitò grandi speranze nei calabresi anche perché, nel movimento di Mussolini, erano molte le figure di primo piano di origine calabrese. Durante il Ventennio si affrontarono, in modo risoluto e deciso, molte questioni portando alla soluzione alcuni problemi che affliggevano la popolazione calabrese da secoli. La mafia fu ridotta, in breve tempo, all’impotenza e vennero eliminate le logge massoniche. Importanti conquiste sociali, come le pensioni, migliorarono la vita del ceto più povero. Furono avviate grandi opere civili tra cui ricordiamo la bonifica del territorio che portò alla scomparsa della malaria, malattia diffusissima che condizionava pesantemente la vita degli abitanti di molte zone d’Italia tra cui quelle dei paesi della valle del Neto.

michele bianchi per la sila
Michele Bianchi: dedica autografa alla Sila nel volume “Estate Silana”

Vogliamo ricordare due calabresi che ebbero un ruolo di primo piano nel movimento fascista, Michele Bianchi e Luigi Razza. Michele Bianchi nacque a Belmonte Calabro nel 1883. Dopo aver svolto, in gioventù, attività politica di sindacalista ed essere stato collaboratore e direttore degli organi di stampa socialisti “La lotta”, il “Divenire sociale”, e la “Scintilla”, nel 1915 abbandonò la sinistra e si unì a Benito Mussolini nella fondazione dei cosiddetti “fasci interventisti”. Al termine del conflitto fu tra i fondatori del partito fascista. Fu uno dei “quadrunviri” della Marcia su Roma e fu il primo segretario politico del partito fascista. Nel 1927 diventò sottosegretario agli Interni. Nel 1929 divenne ministro dei Lavori Pubblici e la conseguenza fu un aumento notevole delle opere pubbliche in Calabria e particolarmente in Sila. Purtroppo, la sua prematura scomparsa, avvenuta nel 1930, interruppe l’opera preziosa di quello che possiamo definire come il più grande statista calabrese del XX secolo.
Nel gennaio del 1935, anche Luigi Razza, politico del vibonese, divenne ministro dei Lavori Pubblici e anche lui, per ironia della sorte, perì prematuramente pochi mesi dopo l’insediamento. Morì in un incidente aereo, nell’agosto del 1935, mentre si recava in Africa Orientale insieme con l’esploratore barone Fanchetti.
Poi il fascismo degenerò in regime e portò l’Italia in una guerra, finita, in tragedia.
L’epoca fascista viene tuttora vista e interpretata in chiave poco obbiettiva per ragioni di opportunismo politico. Nelle note che seguono ricorderemo le più importanti tra le opere pubbliche compiute nel Ventennio in Sila appoggiandoci a foto e documenti ufficiali che lasciano poco spazio a polemiche di parte.
Si iniziò a costruire la Ferrovia Silana nel 1914. L’obbiettivo era quello di collegare Cosenza, già servita dalla linea nazionale, a Catanzaro passando per Rogliano, Soveria Mannelli, Decollatura, e a Crotone passando per Camigliatello e S. Giovanni in Fiore. I lavori della linea ferroviaria, costruita a scartamento ridotto, nei primi anni proseguirono, soprattutto nel ramo per Crotone, molto lentamente.
Nel 1916 si raggiunse Rogliano ma ci volle il 1922 per arrivare a Soveria Mannelli. Per quanto riguarda il ramo per Crotone, San Pietro in Guarano venne raggiunto il 1922. Poi il 10 agosto 1931 fu aperto il tratto fino a Camigliatello grazie all’impegno profuso da Michele Bianchi che era solito trascorrere le vacanze estive nel centro silano. Il 18 giugno 1933 la ferrovia arrivò a Catanzaro Città. Si iniziò a costruire il tratto Camigliatello-S. Giovanni in Fiore, lungo circa 28 chilometri, nel 1948 dopo la guerra e lo si aprì al traffico nel maggio del 1956.
L’impegno fascista in Sila, nelle infrastrutture di comunicazione, non si fermò alla ferrovia silana. Molti altri furono gli investimenti in opere stradali e tra questi ricordiamo la costruzione del tratto stradale tra S. Giovanni in Fiore e Trepidò nonché la costruzione, lungo la stessa strada, del ponte sul fiume Arvo. Questi e altri lavori furono immortalati nelle bellissime foto di Saverio Marra che si possono ammirare nel Museo Demologico di S. Giovanni in Fiore.

Centrale Calusia terzo salto
Centrale Calusia. Terzo salto.

Nel 1925 iniziarono i lavori previsti da un grande progetto denominato “Impianti Silani” che prevedeva lo sfruttamento ottimale delle risorse idroelettriche dell’altopiano silano. Era prevista la costruzione di grandi invasi per un volume di oltre 170 milioni di mc di acqua, decine di chilometri di tunnel e condotte forzate, gallerie e centrali elettriche. L’intero impianto doveva fornire 800 milioni di kwh all’anno ed alimentare le città di Crotone, Reggio, Cosenza. Altre linee avrebbero portato l’energia verso la Puglia e verso Salerno.
Nell’ambito di questo progetto, il 1926 fu terminata la diga del lago Ampollino che raccoglie le acque del fiume omonimo. Dalla diga, che è alta circa 30 metri, larga 129 metri ed è posta a 1271 metri s.l.m., le acque vengono convogliate in una galleria, lunga 4 chilometri, fino alla prima centrale a quota 800 metri. Le acque uscenti dalla centrale si uniscono a quelle del fiume Neto e del fiume Arvo in località Junture di San Giovanni in Fiore, in un serbatoio di compensazione da dove vengono convogliate in un’altra condotta forzata di circa 4 chilometri fino alla centrale di Timpagrande, sfruttando un salto di ben 539 metri. I tunnel e i lavori di sbarramento alla località Junture furono compiuti nel 1927 mentre la centrale di Timpagrande fu terminata il 1931.

pozzo di ispezione tunnel lago Arvo - lago Ampollino
Pozzo di ispezione del tunnel tra il lago Arvo e il lago Ampollino.

Nel 1931, terminò pure, la costruzione della diga che raccoglie le acque del fiume Arvo e che formò il lago omonimo. La diga è costruita a 1278,5 metri sul livello del mare, è alta circa 35 metri e raccoglie 60 milioni di mc d’acqua. Fu costruito pure un tunnel, lungo 6.250 metri, sotto il monte Nero, che collega il lago Arvo al lago Ampollino.
Oltre al piccolo lago di Ariamacina era previsto un altro lago in località Torre Garga di 4 milioni di mc, le cui acque dovevano essere convogliate, prima in una centrale da costruire in località Jure Vetere, e poi alla centrale delle Junture. Questo piccolo invaso non fu mai costruito.
Le autorità fasciste non si adoperarono solo per lo sfruttamento idroelettrico della Sila ma, nel Ventennio, si fece molto anche per lo sfruttamento forestale. Nel 1926 la SO.FO.ME (Società Foreste Meridionali) ottenne l’appalto per il taglio dei boschi nel comprensorio del monte Gariglione e costruì una teleferica ed una ferrovia a vapore per il trasporto del legname e del carbone.

Ruderi stazione teleferica monte Gariglione
Ruderi stazione teleferica sul monte Gariglione

La ferrovia, a scartamento ridotto, una decauville a vapore, si snodava intorno al bosco del Gariglione lungo un percorso di oltre 20 chilometri. Portava tronchi e carbone alla stazione della teleferica in località Differenze a 1.573 metri sul livello del mare. Il materiale veniva trasportato dalla funicolare, lunga 15 chilometri, fino alla stazione di arrivo posta a 310 metri s.l.m. in località Bivio della Foresta. L’impresa impiegava numerosissime persone tra operai, tecnici, carbonai. Ogni giorno 350 vagoni percorrevano la linea ferroviaria.

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