Medioevo


Dal Medioevo all’Età Moderna

Abbazia Florense San Giovanni in Fiore
San Giovanni in Fiore. Complesso dell’Abbazia Florense.

Gioacchino da Fiore fu uno dei più importanti mistici del XII secolo. Nacque a Celico tra il 1130 ed il 1140, morì a Canale, Cosenza, nel 1201. Entrò a 25 anni nell’Ordine dei Cistercensi. Trasferito a Corazzo fu ordinato sacerdote e nel 1177 eletto Abate. Nel 1183, durante la sua permanenza nell’Abbazia di Casamari nel Lazio, incontrò il papa Lucio III che gli accordò la “licentia scribendi”. Le sue dottrine ed il suo ideale di vita monastica austera e rigorosa, lo misero in urto con il suo Ordine dal quale nel 1189 si staccò.
In quell’anno Gioacchino, profondamente convinto del suo messaggio e ritenendosi “chiamato” ad una vera e propria funzione profetica, fondò una sua congregazione (Congregazione Florense) e recatosi in Sila alla confluenza dei fiumi Arvo e Neto, in località Fiore, edificò un piccolo ospizio. In seguito all’aumentare del numero dei suoi seguaci, iniziò la costruzione di quella che doveva diventare l’Abbazia Madre dell’Ordine Florense.

San Giovanni in Fiore Arco Normanno
Arco Normanno a San Giovanni in Fiore

L’Abbazia venne dedicata a S. Giovanni Evangelista, alla Vergine ed allo Spirito Santo. Intorno all’ edificio iniziarono a sorgere le abitazioni di allevatori, pastori, cacciatori, raccoglitori di pece e di tutti coloro che si insediavano in Sila per sfruttarne le grandi risorse naturali. Velocemente si formò un borgo che prese il nome del santo a cui era dedicata la chiesa e del posto sul quale la chiesa fu edificata. Nacque San Giovanni in Fiore il più grande degli insediamenti umani sull’altopiano silano. La storia della Sila a questo punto si lega a quella di questo importante centro che costituisce il maggiore baluardo umano nel cuore della foresta vergine silana.

Ruderi Abbazia Corazzo
Ruderi dell’Abbazia di Corazzo-

La costruzione dell’Abbazia Florense e l’occupazione di terre circostanti per le necessità del nuovo cenobio creò non pochi problemi con i confinanti, in particolare con i monaci basiliani dell’antico Monastero dei Tre Fanciulli che sorgeva in località “A-Patia” nei pressi di Caccuri. Gioacchino si rivolse al re normanno Tancredi ed il generoso monarca stabilì con un pubblico editto che i Florensi fossero lasciati in pace e in più accordò loro una cospicua sovvenzione annua di 500 “some” di grano tratte dalle “decime fiscali”. Tanto favore verso il nuovo ordine religioso si spiega perché questo avrebbe finito col contrastare l’invadenza bizantina nella regione. Durante la dinastia Normanna altre terre silane furono accordate al Monastero del Patiron presso Rossano. Queste concessioni sono rigorosamente documentate.
Intorno al 1120 la Sila era stata divisa in due zone: Sila Regia e Sila Abbadiale. In questo quadro di certezza amministrativa e fiscale il villaggio di San Giovanni in Fiore si sviluppò retto dagli abati florensi. Il 1470, con Ludovico di S. Angelo, iniziò la serie degli Abati Commendatari mentre la Badia veniva retta da un Priore.

L’ Età Moderna

L’età moderna è un periodo storico caratterizzato da una serie infinita di lotte e contrasti tra la Corona, i monasteri e i feudatari per il possesso e quindi lo sfruttamento delle terre silane.
Il 1525 fu un anno importante nella storia della Sila. Ci fu una migrazione di contadini provenienti dai Casali di Cosenza che fuggivano da una eccessiva imposizione fiscale. I cosentini si insediarono nei pressi dell’Abbazia Florense a San Giovanni in Fiore e per il loro ragguardevole numero finirono per trasformare la vita dell’antico borgo lasciando una traccia indelebile nella storia dell’altopiano silano. Nello stesso anno fu nominato come Abate Commendatario Salvatore Rota sotto il quale il paese ebbe un notevole sviluppo. Infatti, qualche anno più tardi, l’Abate Rota, ricevette da Carlo V l’atto ufficiale datato 12 aprile 1530 con cui il sovrano istituiva l’Università Civica di S. Giovanni In Fiore. Decaduto come centro religioso il paese diventò Commenda e fu dato in feudo alla famiglia Rocci che lo tenne fino al 1725, anno in cui passò ai Caracciolo di Martina.

Ponte sul Sanapite sotto Savelli
Antico ponte sul Sanapite vicino Savelli

La grande distanza della Sila da Napoli e la sua difficile amministrazione portò nel corso dei decenni ad un numero notevole di occupazioni e invasioni di terre silane, le cosiddette “difese”, da parte perlopiù di feudatari. Contrastare queste usurpazioni era difficile data l’indulgenza delle corti verso i potenti del luogo e anche per la mancanza di una adeguata cartografia della Sila che permettesse gli opportuni riscontri. Soltanto alla fine del 1613, in seguito ad una ordinanza di Filippo III di Spagna trasmessa al viceré di Napoli, venne disposta la compilazione della mappa che fu eseguita dall’ingegnere Michele Cartaro. In base ad essa fu più agevole istruire i processi contro gli usurpatori e definire i privilegi accordati ai Ministeri, a taluni baroni, ai comuni. Un passo importante fu compiuto anche se il problema non venne completamente risolto. Gli abusi di maggiore entità erano dovuti di norma a persone altolocate e a feudatari. Nel 1662 risultavano non ancora evasi ben 267 processi e fra gli imputati figuravano tra l’altri il Principe di Bisignano, il Barone Ferrari di Cosenza, il Conte di Policastro, il Barone di Zagarise. Alla fine, comunque, prevalsero gli interessi degli occupanti che nel 1687-88 proposero alla Corte di Napoli una specie di armistizio amministrativo, quello che oggi si chiamerebbe condono, per chiudere definitivamente ogni controversia. L’utile finanziario per la Corona fu esiguo, anche perché nella maggior parte dei casi il pagamento venne rateizzato in canoni di lunghissimo respiro. Per somme irrisorie gli occupanti divennero proprietari indiscussi delle “difese” silane. Quando, nel 1790, a Giuseppe Zurlo fu affidata un’inchiesta sullo stato del demanio della Sila Regia la situazione era già compromessa.
Sotto l’occupazione francese, la Calabria subì forti cambiamenti. Fu abolita la feudalità, vennero divise le terre demaniali, soppressi vari ordini religiosi e chiusi molti conventi incamerandone i beni.
Nel 1805 il Monastero Florense fu soppresso e di conseguenza i monaci cistercensi abbandonarono l’Abbazia. I potenti monasteri cristiani ebbero una grande importanza nella storia della Sila, non solo dal punto di vista religioso, ma anche da quello sociale e culturale, e spesso furono l’unico baluardo contro l’invadenza dei feudatari.

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