Michele Bianchi socialista e sindacalista rivoluzionario
Michele Bianchi frequentò il liceo a Cosenza e successivamente la facoltà di giurisprudenza a Roma. Si dedicò al giornalismo ancor prima di concludere gli studi. Assunto nel 1903 come redattore dall’Avanti!, aderì al Partito Socialista Italiano (PSI), di cui fu dirigente nella Capitale e nel 1904 prese parte al congresso del partito tenutosi a Bologna in cui appoggiò la corrente guidata da Arturo Labriola.
Nel 1905 si dimise dall’Avanti! ed assunse per qualche mese la direzione di Gioventù socialista, organo della Federazione dei giovani socialisti. Dalle colonne della sua nuova testata lanciò una campagna antimilitarista che lo portò, prima al carcere, e poi al trasferimento forzato a Genova.
Aveva aderito già nel 1904 al sindacalismo rivoluzionario, divenendo segretario delle Camere del Lavoro rivoluzionarie di Genova e Savona e quindi direttore di Lotta socialista (1905-1906).
Nel 1906, in appoggio ad alcune sollevazioni operaie, espresse al PSI la sua linea neutralista, che non fu accolta positivamente in maniera unanime. Trasferitosi a Savona, ebbe una parte di rilievo nelle vicende che condussero alla scissione dei sindacalisti dal Partito Socialista, avvenuta prima al congresso giovanile socialista di Bologna nell’aprile del 1907, e poi al primo congresso sindacalista tenuto a Ferrara nel luglio dello stesso anno.
Dopo vari arresti e viaggi in giro per l’Italia, nel maggio del 1910 divenne direttore del giornale La Scintilla in cui lanciò l’idea, poi non accolta, di una lista unica di socialisti e sindacalisti rivoluzionari in vista delle imminenti elezioni amministrative. Messo in minoranza per “aver tradito la spontanea genuinità del sindacato”, decise, dato l’aumento del numero dei lettori, di trasformare La Scintilla da settimanale in quotidiano, da cui diresse alcune rivolte proletarie scoppiate nel 1911.
Le difficoltà economiche gli imposero la chiusura del giornale, non prima però di essere nuovamente arrestato a Trieste per un articolo in cui attaccava Giovanni Giolitti e la guerra italo-turca da lui voluta. Tornato a Ferrara grazie ad un’amnistia, fondò e diresse il giornale La Battaglia, creato appositamente in vista delle elezioni politiche del 1913, alle quali si candidò senza successo. Si spostò a Milano, dove divenne, nel 1913, uno dei maggiori esponenti della locale Unione Sindacale Italiana (USI), guidata in città da Filippo Corridoni.
Michele Bianchi cofondatore del Fascismo
Esattamente come Benito Mussolini, Bianchi si schierò nel 1914 su posizioni interventiste e partecipò alla scissione dell’USI del settembre 1914, con Alceste De Ambris, Edmondo Rossoni e Filippo Corridoni, da cui nacque il Fascio d’azione rivoluzionaria di cui fu segretario politico. Nel 1915 partecipò da volontario alla Prima guerra mondiale, diventando sottufficiale prima di fanteria e poi di artiglieria. Conclusosi il conflitto bellico, divenne redattore capo de Il Popolo d’Italia; fu sansepolcrista della prima ora e partecipò alla fondazione prima dei Fasci Italiani di Combattimento, di cui fu primo segretario della giunta esecutiva, e poi nel novembre 1921 del Partito Nazionale Fascista (PNF), di cui venne eletto primo segretario nazionale.
Dopo aver portato al fallimento lo sciopero legalitario, portato avanti dal partito socialista in ottica antifascista, nell’ottobre del 1922 partecipò come quadrumviro alla Marcia su Roma che portò alla nomina di Benito Mussolini alla carica di Presidente del Consiglio dei ministri. Gli altri tre quadrumviri furono i gerarchi Italo Balbo, Emilio De Bono e Cesare Maria De Vecchi.
Il 4 novembre dello stesso anno Bianchi assunse la carica di segretario generale al Ministero dell’interno nel neonato governo guidato dal futuro Duce. In breve tempo, dopo essersi dimesso nel 1923 dalla carica di segretario del PNF, Bianchi restò membro del Gran Consiglio del Fascismo e nel maggio 1924 fu eletto deputato alla Camera nella Lista Nazionale nella circoscrizione calabra. Il 14 maggio si era dimesso dall’incarico di segretario generale agli Interni per incompatibilità.
Il 31 ottobre 1925 divenne sottosegretario ai Lavori pubblici e nel marzo 1928 fu nominato sottosegretario al Ministero dell’Interno. Il 12 settembre 1929 venne nominato Ministro dei Lavori Pubblici, incarico che resse fino alla morte nel marzo 1930.
Michele Bianchi per la Calabria
Ai Lavori Pubblici Bianchi promosse la realizzazione di alcune opere pubbliche in Calabria, in particolare nella sua provincia di Cosenza. È di quel periodo la fondazione del centro turistico di Camigliatello Silano a quel tempo chiamato Camigliatello Bianchi in suo onore. Fece realizzare alcune importanti opere pubbliche nella città di Cosenza sotto la gestione del podestà Tommaso Arnoni.
Rieletto deputato nel 1929, le sue condizioni di salute, già da tempo precarie per una grave malattia, peggiorarono irrimediabilmente, tanto da portarlo alla morte a soli 48 anni. Nel 1932 venne sepolto nel monumento funebre edificato in suo onore sulla collina di Bastia davanti al suo paese natale, Belmonte Calabro. Il monumento che, impavido, sovrasta quel mare, che vede il sole volgere al tramonto!
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