San Giovanni in Fiore è oramai una città dove la mafiosità politica e gli interessi dei pochi prevalgono su tutto. Un centro interessato da un inarrestabile degrado sociale dove la piccola criminalità scorazza impunita e la grande criminalità, secondo molti, risiede nell’organi politici che l’amministrano!
Hanno eliminato completamente il tessuto economico privato affinché tutti siamo ricattabili. Quella di Gioacchino è una città senza futuro. Hanno trovato il modo di continuare con l’indebitamento sospetta e sciagurata prolungando il debito di decenni. Da una città senza futuro, non si può che scappare!!!
Il direttore della “Voce di Fiore”, Emiliano Morrone, invia a Ciampi una lettera accorata chiedendo il suo intervento e una visita a San Giovanni in Fiore. Di seguito riportiamo il testo integrale della missiva:
La Voce di Fiore,sabato 7 gennaio 2006.
Chi dice 5000, chi 9000, a proposito delle partenze dopo il periodo festivo, sta di fatto che San Giovanni in Fiore, 18 mila abitanti, s’è nuovamente svuotata, è rimasta deserta, assumendo le sembianze d’una città di terremotati, rasa al suolo. In cui si incontrano anziani spesso abbandonati all’azione del tempo e a cui provvedono solo le parrocchie oppure giovani, non tutti, con la febbre del consumo. La disoccupazione, già al 51%, aumenta senza speranze. I servizi sono gestiti, il più delle volte, da funzionari stanchi e non aggiornati, che non vogliono imparare a dialogare col computer né conoscono i capisaldi d’una semplificazione amministrativa avviata da un decennio. La sanità è in un fosso senza uscita, l’illegalità galoppa negli uffici pubblici e gli abusi istituzionali costituiscono la regola incontrollata che non trova verifiche di sorta. Per strada, la gente si lamenta, come se il potere attuale non fosse stato scelto con larga maggioranza di consensi e come se, alle ultime comunali, non ci fosse stata più di un’alternativa al governo di sempre. Davanti alla possibilità reale di cambiare, di designare un altro corpo dirigente, di provare uomini nuovi e sondarne capacità amministrative e politiche, più della metà dei votanti ha deciso di confermare gli stessi rappresentanti contestati sino alla vigilia delle elezioni. Segno evidente, di là da tutto, che le nomine in ambito pubblico, le concessioni edilizie facili e i tanti favori dispensati da potenti hanno avuto la meglio sui programmi e le intenzioni esposti dai loro avversari, gli impotenti, in campagna elettorale. Del gruppo di Gianni Vattimo, si diceva che non avrebbe funzionato perché costituito di improvvisati, disperati o, in alcuni casi, di personaggi comunque collegati al sistema dei partiti. Che cosa hanno prodotto gli amministratori individuabili come tali? A me, ma non solo, sembra che lo spopolamento costante di San Giovanni in Fiore debba imputarsi a un preciso progetto politico, nelle istituzioni, volto a espellere potenziali oppositori e intelligenze che non accettano la mafia del ricatto e della dipendenza. Le elezioni, in un posto civile, sono democratiche quando si può scegliere liberamente tra i candidati nelle liste ufficiali, quando, per entrare in consiglio comunale, non occorre farsi vedere nelle case e promettere, mentendo, la soluzione di piccoli, o meno piccoli, problemi personali. Perché la maggior parte dei giovani sta fuori, a lavorare, e perché, per inserirsi, ha bisogno di specializzarsi e di acquisire sempre più specifiche nozioni? Diversamente, perché, a San Giovanni in Fiore, le competenze professionali e il modo di operare nell’amministrazione pubblica non contano e in prevalenza serve, invece, la raccomandazione di qualche politico navigato? Perché, nella gestione di servizi fondamentali, spesso troviamo del personale che lavora unicamente per grazia ricevuta? Non è mafia, questa? E dove ci porta un tale balordo sistema? Sapeste quante ne succedono nell’Ufficio tecnico comunale e quanto tutto venga considerato legittimo e normale. Il potere è talmente forte che responsabili di palesi irregolarità la scampano sempre e, a parlarne, si corre il rischio di rimetterci penalmente. Quando avremo la forza di opporci e di pretendere l’applicazione corretta della legge. Intervenga il capo dello Stato, il presidente Carlo Azeglio Ciampi, il quale ha costantemente predicato, in modo onesto, che si devono rispettare i valori costituzionali e le funzioni proprie della Repubblica. Qui, caro presidente, è tutto un altro mondo. C’è chi parla, denuncia, si ribella, ed è confinato, e chi opera illegalmente passandola liscia e guadagnando fortune. Non è da un terreno come questo che nasce la mafia? Sapesse quante attività sono condotte illecitamente e quanti illeciti si commettono, nel silenzio totale. I giovani di San Giovanni in Fiore, soprattutto quelli che sono fuori, devono protestare. Questa città non ha meno problemi di Locri, mi creda, presidente. Venga qui, prima di terminare il Suo mandato. Lo faccia, la prego. E si renderà conto. San Giovanni in Fiore ha una situazione morale, culturale ed economica che non è bollabile come locale. Se le condizioni generali agli inizi del Novecento comportavano un’emigrazione di massa, con perdite memorabili come a Monongah, Marcinelle e Mattmark, oggi, nonostante il progresso culturale ed economico, non è cambiato qualcosa. Anzi, si registra, in proporzione, un peggioramento spaventoso. Da dove dobbiamo partire, per comprendere le ragioni di un’emigrazione per la salute che, in Calabria, ha azzerato le casse pubbliche, determinando un indebitamento indicibile? Quante volte, presidente Ciampi, abbiamo sentito discorsi di politici sulla riqualificazione della sanità locale. Quante persone hanno pagato le conseguenze di un’offerta sanitaria, sul posto, prossima allo zero, indecente e pericolosa. Per quanto ancora, i giovani dovranno essere presi in giro e ascoltare sermoni, di politici eterni, su nuovi progetti e orientamenti di recupero? La prego, presidente, venga qui. Spero che riceva questo mio messaggio e che ne resti colpito. Sappia che rappresento il pensiero, penso di rappresentare, della maggioranza dei giovani florensi emigrati per necessità di sopravvivenza. Non c’è solo un problema economico, qui: la democrazia è una bella parola, è retorica. Proprio chi più direttamente dovrebbe garantirla ci fornisce esempi macroscopici di illegalità e di violazioni in nome d’un potere strutturato, contrario alla Costituzione e ai valori cattolici del popolo italiano. Come si può lottare contro questo gigante, presidente? Noi che abbiamo studiato portandoci appresso il significato dei sacrifici dei nonni emigrati, che cosa possiamo fare per la nostra terra? Dobbiamo rinunciarci per sempre, dato che non ci è concesso alcuno spazio e proprio le istituzioni non ci ascoltano e, anzi, ci sanzionano? Venga a San Giovanni in Fiore, presidente.
Emiliano Morrone