San Giov. in Fiore: una città in liquidazione!

Non si era ancora spento l’eco del clamore suscitato dalla notizia della alienazione dello storico nome “Silana” che da 60 anni identificava la squadra di calcio di San Giovanni in Fiore, che ne è arrivata un’altra ben più grave notizia.

Infatti, pare, che in base al piano sanitario presentato dal Direttore Generale dell’ASL 5, il tedesco Schael, l’ospedale di San Giovanni in Fiore, si avvia verso una insesorabile chiusura!

Vengono soppressi interi reparti accorpandoli a Crotone, a San Giovanni resterà un Presidio Unico praticamente un buon pronto soccorso! Oltre all’impoverimento dei servizi sanitari, si apre una falla paurosa di carattere economico e viene meno l’ultimo presidio importante dello stato in Sila.

I dirigenti voluti da coloro che, pochi mesi, fa durante l’amministrazione di centro-destra della regione, rivendicavano a gran voce il potenziamneto del mosocomio, vanno, ora, verso una direzione completamente opposta! Vogliamo comunque evitare facili polemiche politiche, sicuramente strerili in quanto, nel grosso centro silano non esiste neanche una opposizione politica e i risultati elettorali hanno una fisionomia bulgara.

Il ridimensionamento drastico dell’ospedale porterà conseguenze devastanti. La popolazione finirà con il diminuire di qualche migliaio di unità e si accentuerà l’esodo dei cittadini iniziato con l’epilogo vergognoso della vicenda della mancata adesione alla provincia di Crotone. Gran parte della popolazione attiva, infatti, non crede più ad uno sviluppo possibile in una città, tra l’altro, indebitata per molti decenni ancora.

San Giovanni in Fiore si avvia a diventare sempre di più una città fantasma, sempre più vuota. Secondo alcuni, fallisce per i prossimi secoli, il tentativo stesso di urbanizzare l’Altopiano!

Benvenuto a Joe Manchin III

Riceviamo da François-Xavier Nicoletti di HERITAGE CALABRIA e pubblichiamo il saluto al Governatore del West Virginia, Joe Manchin III in occasione della sua visita a San Giovanni in Fiore


“HERITAGE CALABRIA”
Associazione degli Emigrati
Emigrants’ Association
“onlus”

A Joe Manchin III, Governatore del West Virginia

“Ho voluto incontrarVi, perché io la Calabria ce l’ho nel cuore !”.

Queste sono le Vostre parole, rivolte al nostro Vice-Presidente Francesco Fortugno, il giorno del Columbus Day.

Francesco Fortugno non è qui per accoglierVi, come promesso, ma dovete sapere, caro Governatore, che Francesco Fortugno risorge ogni qual volta noi Calabresi emigrati pensiamo a lui, perché anche lui come Voi, come noi, la Calabria ce l’aveva nel cuore. Le sue parole, a New York, sono state per noi emigrati calabresi, per Voi, figlio d’emigrati, un inno d’amore, d’orgoglio, di pace !

Noi, emigrati e calabresi, Vi diciamo grazie, a Voi e a Francesco Fortugno, grazie di considerare questa nostra terra che ancora si cerca, parte del Vostro cuore… perché cuore è AMORE e AMORE è resurrezione, speranza, gioia di essere buoni, gioia di vivere, lavorando e producendo nel rispetto delle regole e delle leggi come hanno sempre fatto i Calabresi emigrati, in giro per il mondo !

Oggi Voi siete in Calabria e io sono certo che ora capite cosa voleva dire Vostro nonno quando Vi parlava in continuazione e con impeto, come io faccio con il mio nipotino a Parigi, di questa terra, dove era nato e vissuto giovane e fanciullo!

Avete ragione di ripeterci sempre “che non dobbiamo dimenticare chi siamo, ma non dobbiamo anche dimenticare chi possiamo diventare, chi potremo essere in futuro” !

Grazie, Governatore Joe Manchin, di questo Vostro messaggio alla Calabria e a noi emigrati, di questo messagio d’AMORE che ci unisce !

Grazie.

François-Xavier Nicoletti

English release:

“HERITAGE CALABRIA”
Associazione degli Emigrati
Emigrants’ Association
“onlus”

To Joe Manchin III , Governor of West Virginia

“I wanted to meet you, because I have Calabria in my heart !”

These are the words you said to the Vice-President of our State, Francesco Fortugno, on Columbus Day.

Francesco Fortugno is not here to welcome you, as promised, but Francesco Fortugno, Mr. Governor, is certainly amongst us every time that we Calabrians who have emigrated abroad think of him, because as you and all of us he also had Calabria in his heart.

His words in New York were for us who have left Calabria and for you, son of emigrants a hym of love, a hym of pride and also a hym of peace !

We, as emigrants and Calabrians, must thank you, Mr. Governor and Francesco Fortugno for still keeping Calabria, this territory of ours that is still in search of itself, in your heart, because the heart holds love and love is resurrection, it is hope, it is the joy of being good people, and it is the joy of living, of working, and of being productive with respect for the rules and laws as Calabrian emigrants have done around the world.

Today you are in Calabria and I am sure that you can understand what your grandfather meant when he continuously and so enthusiastically told you about the land where he was born and raised as a young boy, just as I now tell my own grandson in Paris.

You are right when you say that “we should not forget who we are, but we should also not forget who we can become, whom we could be in the future” !

Thank you, Governor Joe Manchin, for bringing your message to Calabria and to all of us as emigrants of Calabria;
A message of love that unites us !

Thank you.

Francois-Xavier Nicoletti

Joe Manchin tra i “Magnifici Cento”

HERITAGE CALABRIA”
Associazione degli Emigrati
Emigrants’ Association
“onlus”

MOTIVAZIONE AWARD “I Magnifici Cento”

Nel 1947, nasceva a Farmington nel West Virginia, Joe (Giuseppe) MANCHIN (MANCINA) III.
Terzo, perché il Primo, suo nonno, aveva raggiunto, ancora in tenera età, i suoi cugini in America, partendo da San Giovanni in Fiore con altri parenti.

Da Napoli, la nave “Neckar” arrivò a Ellis Island il 6 Febbraio 1905 e i nostri emigranti sangiovannesi, può darsi, che non si resero conto che gli agenti della dogana avevano aggiunto un’H e fatto sparire l’A finale del loro cognome.

Così Mancina diventa Manchin e i nostri sangiovannesi raggiunsero Fermington, dove gli altri cugini e parenti (paranome “Chellu”) si erano stabiliti, lavorando come minatori.

Il nonno di Joe cresciuto nell’ambiente degli emigrati calabresi si distinse subito, aprendo, giovanissimo, un piccolo negozio di alimentari nei pressi delle miniere, ingrandendosi sempre di più e aprendo poi dei mini-stores di mobili, di tappeti e di arredi.

Sposò una sangiovannese, Caterina Rasco, che era emigrata all’eta di 7 anni e ne aveva 13 quando diventò una Manchin e nacquero Giovanni, il padre del Governatore, che diventa un grande commerciante occupandosi del business del padre, lo zio Giuseppe e lo zio Antonio che diventò “Secretary of State” del West Virginia.

Così Joe Manchin III si laurea presso l’Università della Virginia Occidentale, in sciences della pubblica amministrazione e diventa pure un grande campione di football americano.
Giocando, si ferì gravemente e dovette abbandonare lo sport prima dell’inizio della carriera.

Era forse il destino che decideva che Joe Manchin non sarebbe stato un celebre campione di football ma un grande politico.

E così fu.

Eletto nel 1984 alla Camera dei Delegati del West-Virginia fu di nuovo eletto Senatore nel 1986 fino al 1992.

Nel 1996, fu candidato a Governatore e arrivò al secondo posto con molto successo.
Questo gli permise nel 2000 di diventare Secretario di Stato facilmente.

Nel 2004, fu eletto trionfalmente Governatore del West Virginia.

Nel 2005, i sondaggi ufficiali americani lo considerano il Governatore più popolare degli Stati Uniti con un tasso del 70% circa.

È vice-presidente dell’Associazione dei Governatori Democratici.

Nel febbraio scorso, il Governatore Manchin ha ordinato il fermo della produzione di carbone in tutte le miniere del West Virginia in attesa delle nuove direttive di sicurezza.

Questo atto di coraggio lo promove sempre nei sondaggi, survey-USA, come Governatore più popolare del paese con un tasso di oltre 80 %.

Attraverso le varie e difficili fasi della vita, Joe ha eritato dai nonni un grande amore e un’immensa compassione per gli altri. Da giovane, entrando in politica, sapeva che lo faceva per tentare di cambiare la sorte dei più deboli.

Quando era bambino, Joe aveva promesso a suoi nonni, papà Joe e mamma Kay, come pure e suo padre, di visitare un giorno la Calabria e San Giovanni in Fiore.

Fine Aprile 2006, Joe Manchin III e sua moglie la First Lady Gayle sono ricevuti a Reggio Calabria e a San Giovanni in Fiore dalle Autorità e dai cittadini con onore e gioia.

HERITAGE CALABRIA è fiera di avere tra i suoi membri d’onore Joe e Gayle Manchin, e di annoverarli tra i suoi “Magnifici Cento”, in occasione della loro visita nel paese dei loro avi, la nostra verde Sila, in questa stagione molto bella e lussureggiante, proprio come le grandi colline del West Virginia.

Benvenuti e tanti auguri !

P.S. : Il Governatore Joe Manchin III è di madre polacca. Ha 2 sorelle, Jannette e Pola e 2 fratelli, John e Rock. Vive a Charleston, West Virginia.

ENGLISH RELEASE:

“HERITAGE CALABRIA”
Associazione degli Emigrati
Emigrants’ Association
“onlus”

AWARD “I Magnifici Cento”

Motivation

Joe (Giuseppe) Manchin (Mancina) III was born in Farmington, West Virginia in 1947.

Joe Manchin III, because, Joe Manchin I, his grandfather, came from San Giovanni in Fiore, at a very early age, to stay with cousins in America.

From Naples, the ship “Neckar” docked at Ellis Island on February 6, 1905 and our emigrants from San Giovanni, did not notice, perhaps, that the customs agents added an “H” and took off an “A” in their last name.

Thus, Mancina becomes Manchin and our San Giovanians reach Farmington, where cousins and other relatives (nicknamed “Chellu”) had established themselves, working as miners.

Governor Manchins’ grandfather, who had grown up with his Calabrian emigrants, very early on, distinguished himself by opening a small grocery store for the miners and their families. The small store developed into a larger one and after transformed into mini chain stores for furniture and home furnishings.

Joe Manchin married Caterina Rasco, also from San Giovanni. Caterina had emigrated at age 7. She was 13 when she became a Manchin.

Thereafter, Giovanni, Anthony and Joseph were born. Giovanni, the Governor’s father and Joseph became successful merchants and ran their father’s various businesses and Anthony was elected, and occupied the position of “Secretary of State of West Virginia”.

Joe Manchin III graduated from the University of West Virginia with a degree in Public Administration. He becomes an American football Champion but after being wounded in a game he had to abandon the sport.

It was perhaps fate that decided that Joe Manchin was to become a great politician instead of a great football player.

And so it was.

Elected in 1984 to the House of Representatives of West Virginia he was re-elected to the Senate in 1986 to 1992.

In 1996, Joe Manchin III was candidate as Governor and he came in second with great success.
Because of the success obtained, he becomes, in 2000, Secretary of State of West Virginia.

In 2004, he was triumphantly elected Governor of West Virginia and, in 2005, in the USA Survey pole, the Americans considered Joe Manchin III the most popular Governor with an approval rate of 70 %.

Joe Manchin III is Vice-President of the Democratic Governors Association.

Last February, Governor Manchin ordered that the production of coal in all the mines of West Virginia be stopped until new security measures were adopted.
This act of courage earned him the title of the Nations’ most popular Governor in a USA survey pole with an approval rate of 80%.

Joe inherited a tremendous amount of compassion and love for people from all walks of life from his grandparents. He knew as a young adult that he wanted to be involved in politics to make a difference for his fellow man.

As a child, Joe promised his grandparents, papa Joe and mamma Kay, and his father that one day he would visit Calabria and especially San Giovanni in Fiore.

At the end of April, 2006 Governor Joe Manchin III and his wife, First Lady Gayle Manchin, will visit Reggio Calabria and San Giovanni in Fiore and will be received by both the authorities and the people of Calabria with honour and joy.

HERITAGE CALABRIA is proud to have amongst its’ members Governor and First Lady Joe Manchin and to honour them with “The Magnificent 100” Award on the occasion of their visit to the town of their ancestors.

At this time of year, our great green Sila is so beautiful and breath-taking, just like the great hills of West Virginia.

Welcome and great success !

Eva Catizone: la violentano in 32 ….

Eva Catizione non è più il sindaco di Cosenza. E’ il risultato del drammatico consiglio comunale, segnato dalla morte di un redattore del Quotidiano della Calabria, in cui 32 consiglieri si sono dimessi sfiduciando il sindaco. La Catizione aveva denunciato i giochi di potere all’interno dell’Unione della provincia di Cosenza nelle cui fila era stata eletta. Riportiamo un articolo del Corriere della Sera sulla vicenda:

Cosenza, la cacciata di Eva 

L’ex sindaco: «Io violentata politicamente ed eliminata per motivi di potere, pago l’avvicinamento a Prodi» 

COSENZA – «Mi hanno politicamente stuprata». Non poteva scegliere parole più ustionanti, Eva Catizone, per marcare la sua cacciata. Decisa tra veleni e coltellate proprio da quella sinistra che tre anni fa aveva salutato la sua elezione a sindaco di Cosenza come un evento storico.

E fu davvero una svolta culturale, la scelta dei cosentini. Scelsero di affidarsi a quella bionda docente di letteratura francese che era stata per alcuni anni la principale collaboratrice di Giacomo Mancini. Una donna! Lì, in Calabria! Dove un antico adagio dice che «d’u mari nasci u sali, d’a fimmina lu mali». Eppure sarebbe stato tutto destinato a passare in secondo piano davanti al clamore della puntata successiva: l’annuncio pubblico di una clamorosa maternità. Clamorosa non solo perché la Calabria non è (ancora) il Cile di Michelle Bachelet e troppa gente storse il naso davanti alla scelta personale di quella prima cittadina single che si rifiutava di dire chi fosse il padre del figlio che aspettava. Ma più ancora perché un paio di giorni dopo l’uomo, sposato e padre di due figli, era venuto allo scoperto con una sofferta intervista: era il segretario regionale diessino Nicola Adamo. Destinato automaticamente, per quella incredibile accoppiata di nomi e cognomi, a finire sulle prime pagine di tutti i giornali d’Italia: Adamo ed Eva!

I rapporti si deteriorarono in fretta. Lei da una parte, lui dall’altra. Cose che capitano. Ma aggravate dalla condanna dell’una e dell’altro a non poter rompere di netto. Tanto più dopo che lui era stato eletto alla vicepresidenza della Regione. Come potevano restare alla larga l’una dall’altro il sindaco di sinistra di una grande città e il vicegovernatore calabrese responsabile dei Ds? Fatto sta che un po’ alla volta, via via che s’arrugginiva il rapporto umano, si era arrugginito quello politico. In una crescente e inarrestabile rissa intestina, tutta dentro la sinistra, fino alla rottura di ieri. Una rottura che, quasi che il destino non potesse fare diversamente dopo una storia così violenta di passione e di odio, è stata bagnata da lacrime di disperazione. Quelle di chi voleva bene ad Antonino Catera, cronista politico del Quotidiano di Calabria, ucciso da un infarto mentre era lì, in servizio, per seguire la resa dei conti. E rimasto lì, morto, sulle scale, per due interminabili ore di adempimenti burocratici mentre i protagonisti del duello si chiedevano cosa fare.

Finché nel pomeriggio, come risposta alla dimissioni date da Eva Catizone per prendere in contropiede chi era venuto lì a buttarla giù con la mozione di sfiducia e guadagnare i venti giorni di limbo previsti dalla legge, la stragrande maggioranza dei consiglieri di sinistra più una parte di quelli di destra, hanno rotto gli indugi. E si sono presentati in segreteria con 32 dimissioni in mano. Pari all’80 per cento del consiglio municipale. Diciamolo: era ora. Comunque la si guardi. Era ora per Cosenza, che dopo gli anni manciniani nei quali secondo gli stessi avversari politici si era assistito a numerosi segnali di riscatto della città, era diventata ingovernabile e asfissiata da una guerra che le toglieva l’aria, al punto che l’altro ieri i segretari provinciali della Quercia e della Margherita avevano invitato il prefetto a mandare gli agenti a vigilare sul «corretto confronto democratico» nel consiglio comunale convocato per ieri. Era ora per i cittadini, che stando a sondaggio pubblicato domenica dal Quotidiano della Calabria (contestato dal sindaco dimissionario) avevano ridotto all’11% la loro fiducia nel primo cittadino, individuato a torto o a ragione come simbolo di una situazione di stallo e rissa fratricida. Era ora per la sinistra, che in una manciata di anni, per errori che sarebbe indecente attribuire solo ad Adamo ed Eva, ha bruciato il suo patrimonio di credibilità e di fiducia fino a spingere la Gazzetta del Sud a salutare la caduta della giunta come «la fine ingloriosa» di un «ceto politico tanto modesto quanto vanesio». Ed era ora per la stessa Catizone, che giura d’avere governato bene e di essere stata fatta fuori «per motivi di potere e di poltrone» ma certo non poteva più vivere in ostaggio del tentativo di non darla vinta agli avversari.

Ormai era un incubo, la testarda decisione del sindaco di resistere, resistere, resistere. E lo dicono proprio gli stracci che volano nella sinistra. Lei, gonfia di dolore e di rabbia, accusa: «Mi sono sentita stuprata. Politicamente stuprata. Guardi la fine: non si sono fermati neanche per qualche ora, davanti al corpo di quel cronista morto. Una vergogna. Se ha pesato Adamo? Non ne voglio parlare. È una storia di miserie umane. Pago l’aver tentato di fare una politica diversa. E l’essermi avvicinata a Prodi». Falso, le rispondono gli avversari come il coordinatore regionale dei Ds Carlo Guccione: «Adamo non c’entra nulla. Le pare che 32 consiglieri su 40 (32!) vanno a dimettersi per liberare Adamo da Eva? Assurdo. Adamo aveva tutto l’interesse a starsene acquattato. La situazione era insostenibile, ecco la verità. Per un mucchio di errori fatti anche da lei. Che all’inizio aveva lasciato fuori dalla giunta noi, il primo partito della città. E poi aveva buttato fuori i manciniani».

«Finalmente liberi!», tuona Giacomo Mancini jr salutando la sconfitta della pupilla del nonno, «Eva ci ha traditi. Per carità, lei pure è stata una vittima. Di chi l’aveva spinta a far fuori noi socialisti per imbarcare la Margherita. Ma dopo la nostra cacciata ha dovuto mettersi a caccia di voti. E per farlo ha accettato compromessi inaccettabili e assunto mogli, parenti, amanti…». «Giacomo sbaglia. Hanno lavorato per l’amministrazione anche parenti suoi. Vedremo in Regione, chi otterrà cosa in cambio della mia testa…». Il senatore azzurro Tonino Gentile assiste alla rissa stando alla finestra: «Mica abbiamo capito perché la cacciano. Visto quello che c’è in giro, non aveva manco governato male. È stata vittima di un intruglio sentimental-politico. Se la vedono loro. Sa perché noi non ci siamo aggregati alle dimissioni di massa? Volevamo parlarne in consiglio, di ciò che è accaduto. Ma loro no, loro proprio non ne volevano parlare».
Gian Antonio Stella
18 gennaio 2006

Presidente, ci aiuti!!!!

San Giovanni in Fiore è oramai una città dove la mafiosità politica e gli interessi dei pochi prevalgono su tutto. Un centro interessato da un inarrestabile degrado sociale dove la piccola criminalità scorazza impunita e la grande criminalità, secondo molti, risiede nell’organi politici che l’amministrano!

Hanno eliminato completamente il tessuto economico privato affinché tutti siamo ricattabili. Quella di Gioacchino è una città senza futuro. Hanno trovato il modo di continuare con l’indebitamento sospetta e sciagurata prolungando il debito di decenni. Da una città senza futuro, non si può che scappare!!!

Il direttore della “Voce di Fiore”, Emiliano Morrone, invia a Ciampi una lettera accorata chiedendo il suo intervento e una visita a San Giovanni in Fiore. Di seguito riportiamo il testo integrale della missiva:

La Voce di Fiore,sabato 7 gennaio 2006.

Chi dice 5000, chi 9000, a proposito delle partenze dopo il periodo festivo, sta di fatto che San Giovanni in Fiore, 18 mila abitanti, s’è nuovamente svuotata, è rimasta deserta, assumendo le sembianze d’una città di terremotati, rasa al suolo. In cui si incontrano anziani spesso abbandonati all’azione del tempo e a cui provvedono solo le parrocchie oppure giovani, non tutti, con la febbre del consumo. La disoccupazione, già al 51%, aumenta senza speranze. I servizi sono gestiti, il più delle volte, da funzionari stanchi e non aggiornati, che non vogliono imparare a dialogare col computer né conoscono i capisaldi d’una semplificazione amministrativa avviata da un decennio. La sanità è in un fosso senza uscita, l’illegalità galoppa negli uffici pubblici e gli abusi istituzionali costituiscono la regola incontrollata che non trova verifiche di sorta. Per strada, la gente si lamenta, come se il potere attuale non fosse stato scelto con larga maggioranza di consensi e come se, alle ultime comunali, non ci fosse stata più di un’alternativa al governo di sempre. Davanti alla possibilità reale di cambiare, di designare un altro corpo dirigente, di provare uomini nuovi e sondarne capacità amministrative e politiche, più della metà dei votanti ha deciso di confermare gli stessi rappresentanti contestati sino alla vigilia delle elezioni. Segno evidente, di là da tutto, che le nomine in ambito pubblico, le concessioni edilizie facili e i tanti favori dispensati da potenti hanno avuto la meglio sui programmi e le intenzioni esposti dai loro avversari, gli impotenti, in campagna elettorale. Del gruppo di Gianni Vattimo, si diceva che non avrebbe funzionato perché costituito di improvvisati, disperati o, in alcuni casi, di personaggi comunque collegati al sistema dei partiti. Che cosa hanno prodotto gli amministratori individuabili come tali? A me, ma non solo, sembra che lo spopolamento costante di San Giovanni in Fiore debba imputarsi a un preciso progetto politico, nelle istituzioni, volto a espellere potenziali oppositori e intelligenze che non accettano la mafia del ricatto e della dipendenza. Le elezioni, in un posto civile, sono democratiche quando si può scegliere liberamente tra i candidati nelle liste ufficiali, quando, per entrare in consiglio comunale, non occorre farsi vedere nelle case e promettere, mentendo, la soluzione di piccoli, o meno piccoli, problemi personali. Perché la maggior parte dei giovani sta fuori, a lavorare, e perché, per inserirsi, ha bisogno di specializzarsi e di acquisire sempre più specifiche nozioni? Diversamente, perché, a San Giovanni in Fiore, le competenze professionali e il modo di operare nell’amministrazione pubblica non contano e in prevalenza serve, invece, la raccomandazione di qualche politico navigato? Perché, nella gestione di servizi fondamentali, spesso troviamo del personale che lavora unicamente per grazia ricevuta? Non è mafia, questa? E dove ci porta un tale balordo sistema? Sapeste quante ne succedono nell’Ufficio tecnico comunale e quanto tutto venga considerato legittimo e normale. Il potere è talmente forte che responsabili di palesi irregolarità la scampano sempre e, a parlarne, si corre il rischio di rimetterci penalmente. Quando avremo la forza di opporci e di pretendere l’applicazione corretta della legge. Intervenga il capo dello Stato, il presidente Carlo Azeglio Ciampi, il quale ha costantemente predicato, in modo onesto, che si devono rispettare i valori costituzionali e le funzioni proprie della Repubblica. Qui, caro presidente, è tutto un altro mondo. C’è chi parla, denuncia, si ribella, ed è confinato, e chi opera illegalmente passandola liscia e guadagnando fortune. Non è da un terreno come questo che nasce la mafia? Sapesse quante attività sono condotte illecitamente e quanti illeciti si commettono, nel silenzio totale. I giovani di San Giovanni in Fiore, soprattutto quelli che sono fuori, devono protestare. Questa città non ha meno problemi di Locri, mi creda, presidente. Venga qui, prima di terminare il Suo mandato. Lo faccia, la prego. E si renderà conto. San Giovanni in Fiore ha una situazione morale, culturale ed economica che non è bollabile come locale. Se le condizioni generali agli inizi del Novecento comportavano un’emigrazione di massa, con perdite memorabili come a Monongah, Marcinelle e Mattmark, oggi, nonostante il progresso culturale ed economico, non è cambiato qualcosa. Anzi, si registra, in proporzione, un peggioramento spaventoso. Da dove dobbiamo partire, per comprendere le ragioni di un’emigrazione per la salute che, in Calabria, ha azzerato le casse pubbliche, determinando un indebitamento indicibile? Quante volte, presidente Ciampi, abbiamo sentito discorsi di politici sulla riqualificazione della sanità locale. Quante persone hanno pagato le conseguenze di un’offerta sanitaria, sul posto, prossima allo zero, indecente e pericolosa. Per quanto ancora, i giovani dovranno essere presi in giro e ascoltare sermoni, di politici eterni, su nuovi progetti e orientamenti di recupero? La prego, presidente, venga qui. Spero che riceva questo mio messaggio e che ne resti colpito. Sappia che rappresento il pensiero, penso di rappresentare, della maggioranza dei giovani florensi emigrati per necessità di sopravvivenza. Non c’è solo un problema economico, qui: la democrazia è una bella parola, è retorica. Proprio chi più direttamente dovrebbe garantirla ci fornisce esempi macroscopici di illegalità e di violazioni in nome d’un potere strutturato, contrario alla Costituzione e ai valori cattolici del popolo italiano. Come si può lottare contro questo gigante, presidente? Noi che abbiamo studiato portandoci appresso il significato dei sacrifici dei nonni emigrati, che cosa possiamo fare per la nostra terra? Dobbiamo rinunciarci per sempre, dato che non ci è concesso alcuno spazio e proprio le istituzioni non ci ascoltano e, anzi, ci sanzionano? Venga a San Giovanni in Fiore, presidente.

Emiliano Morrone

Insulti per l’onorevole

San Giovanni in Fiore, 1 Agosto 2005

Esplode la rabbia a San Giovanni in Fiore. I disoccupati assediano il Consiglio. Bloccati, all’interno di una saletta, dove erano riuniti per discutere sulla situazione dell’ordine pubblico nel paese, il presidente della provincia on. Mario Oliverio e il suo vice Salvatore Perugini, il sottosegretario alla giustizia Ioele Santelli, il consigliere regionale Antonio Acri, il vicepresidente della commissione antimafia Angela Napoli.

Le forze dell’Ordine si sono limitate a presiedere senza intervenire per non peggiorare la situazione. Ad Angela Napoli è stato consentito di lasciare il locale mentre gli altri sono rimasti bloccati dai disoccupati in rivolta fino a tardi.

Qualcuno all’interno della saletta municipale, bloccato come un topo, mentre dall’esterno arrivavano i rumori dei vetri infranti e di una ringhiera divelta, deve aver pensato che forse …. non è stata una buona mossa barattare anche la tenenza dei carabinieri.

Pare che la manifestazione sia stata organizzata dagli aderenti al Movimento Uniti per la Libertà, preoccupati perché un progetto di sviluppo, avviato dal centrodestra, potrebbe non avere risposte dalla nuova giunta regionale di centrosinistra.

Alle 22.30, finalmente, gli assediati scortati sono riusciti a lasciare il municipio tra gli insulti della folla. Forse sarebbe il caso che qualcuno capisse che è arrivata l’ora di andare via a godersi i frutti di 30 anni di malgoverno. Lontano, mooolto lontano!!! Eviteremmo ulteriori danni all’interesse pubblico.

Con un comunicato, i partiti dell’Unione condannano l’episodio parlando di attacco alla democrazia. Ma esiste una democrazia in una cittadina dove, chi non appartiene ad una “certa organizzazione”, ha solo due alternative: essere emigrato o essere disoccupato??!!

Declassamento Amministrativo di San Giovanni in F.

Chi pensava che lo smembramento amministrativo del comune di San Giovanni in Fiore, dovuto ai giochini di potere di SuperMario, fosse finito, se non altro perché erano finiti i pezzi da cedere o barattare, ha sbagliato clamorosamente i conti:

IL COMUNE DI SAN GIOVANNI IN FIORE E’ STATO DECLASSATO A LIVELLO AMMINISTRATIVO!

Questa nefasta operazione non è stata imposta dall’esterno ma è stata voluta e votata dalla giunta attuale. Quali sono le ragioni palesi o nascoste di questo incredibile autogol?

I “Compagni di Merenda” si sono giustificati dicendo che questo permetterà di risparmiare sui conti del comune. La voce che circola in città e che è stato fatto tutto per una figlia eccellente. Siccome era troppo penoso viaggiare da San Giovanni in Fiore a Castelsilano, pensate di tratta addirittura di andare fuori provincia, e non era possibile effettuare un trasferimento di posto di lavoro in quanto San Giovanni e Castelsilano appartenevano a 2 classi amministrative diverse, allora i Compagneros, con un guizzo geniale, hanno pensato bene di declassare San Giovanni in Fiore al livello di Castelsilano!!!!!!!!!!!

E’ questa la verità o c’è qualcosa di ben più grosso? Infatti, in ambienti “ristretti” del grande comune silano, viene ventilata un’altra sconvolgente ipotesi. Sembra che il dott. Urso, che ha lasciato il posto alla figlia eccellente di cui parlavamo sopra per trasferirsi nel crotonese, potrebbe rientrare nel comune di San Giovanni in Fiore con la carica di Supervisore Amministrativo. In questo caso, SuperMario, si troverebbe davanti come figura di CONTROLLO e GARANZIA l’amico di sempre!! In pratica verrebbe a consolidarsi quella ENCLAVE COMUNISTA a democrazia limitata che è il comune di San Giovanni in Fiore. Un piccolo regime sorretto dal Bokassa silano Supermario.

E’ vero o no quanto si dice in giro? Noi non commentiamo, riportiamo solo le voci, sarà il tempo a svelare l’arcano. Intanto, questa pagina con la sua data di pubblicazione, sarà registrata in automatico su molti server del pianeta.

Saluti

La sinistra silana secondo Vattimo.

Gianni Vattimo filosofo piemontese e professore universitario eletto in Europa nelle liste Ds, è stato uno dei candidati a sindaco nel comune di San Giovanni in Fiore nelle ultime elezioni.

Che pensa Vattimo dei suoi compagni che amministrano da decenni il grande comune silano con effetti devastanti? Lo lasciamo dire direttamente a lui riportando integralmente la sua intervista pubblicata nel Corriere della Sera del 6 Aprile 2005.

Il giudizio è autorevole e certamente non di parte. Le sentenze ….

CORRIERE DELLA SERA
mercoledì, 6 aprile, 2005

Vattimo: «Ho visto una sinistra al potere con metodi clientelari»
«Bene la sinistra ma l’ esperienza calabrese mi ha rattristato» «Hanno fatto credere che portassi voti a destra»
Il filosofo, ex eurodeputato Ds, ha sfidato il centrosinistra in un piccolo paese calabrese. «Ho conosciuto dall’ interno meccanismi che forse non sono legali»

DAL NOSTRO INVIATO COSENZA – Era la partita del cuore per Gianni Vattimo, il filosofo volato dalla sua Torino alla sua Calabria, dalla città dei suoi studi alla terra di famiglia, arrampicandosi fino a San Giovanni in Fiore, fra i monti ancora innevati della Sila, intorno all’ abazia di un eretico che i potenti di questa rocca hanno forse temuto di veder rinascere. Pericolo scongiurato. Per l’ ex eurodeputato Ds, mai ridotto al rango di «intellettuale organico», s’ è infranto il sogno di diventare sindaco indipendente di questo paese «rosso», sempre dominato da Pci e Quercia: «Il sogno degli uomini di sinistra stufi di una certa Sinistra al potere con metodi clientelari». Spinto da un gruppo di volenterosi e indipendenti ragazzi con Che Guevara e Peppino Impastato in testa, s’ è messo di traverso al Centro sinistra, come un tronco fra i binari. E il treno con tanti vagoni rossi l’ ha fermato davvero. Costringendolo al ballottaggio perché il candidato socialista che guida Ds e Margherita è arrivato al 48 per cento contro il 35 della Casa delle libertà. Già, è venuto meno l’ 11 per cento incassato dallo «straniero». Un risultato che nemmeno commenta il professore, volato a Torino indignato contro quello che definisce l’ «agguato» de l’ Unità: «Sabato, il giorno prima delle elezioni, mi hanno aggredito con un articolo su commissione. Dicendo che avrei dirottato nel ballottaggio i miei voti a Forza Italia. E tirando fuori un argomento mai considerato da nessuno in campagna elettorale, additato come gay». L’ inviato del giornale, Aldo Varano, ha smentito la tesi di un complotto tessuto dai big diessini, qui tutti di ispirazione dalemiana. Ma Vattimo non si lascia convincere e a spoglio concluso rilancia: «Adesso chiedo i danni. Perché le bugie hanno colpito… Magari ci paghiamo le spese di benzina». Lo dice da Torino dove è corso a votare Centro sinistra. Comunque. Soddisfatto a metà: «Ho gioito per la vittoria dell’ Unione. Ma la mia esperienza in Calabria soffoca l’ entusiasmo che ho provato per il trionfo. Ho conosciuto dall’ interno il meccanismo di voto. Fatto di legami e controlli che forse non sono illegali. Ma anche la mafia a volte non viene accusata di illegalità perché sembra tutto regolare… In quel paesino volevamo dire no alla politica fatta di posti e sussidi, raccomandazioni e controllo delle famiglie. Invece, i tirapiedi spuntano gli elenchi degli elettori ai seggi squadrando chi entra ed esce. Ci vorrebbe il voto elettronico». Convinto che senza quell’ articolo, forse, avrebbe ottenuto molto di più, la partita del cuore a lui sembrava davvero una partita possibile. E quei ragazzi che prima lo avevano invitato ad un convegno erano riusciti a gasarlo. Come il più attivo del gruppo, Emiliano Morrone, «Bellicapelli» lo chiamerebbe Fiorello, quasi uscito fuori da un poster beat generation, la fronte cinta da una fascia nera per reggere un’ esplosione di riccioli che da lontano sembrano un colbacco spennacchiato. Ma lui se lo porta addosso scanzonato, con l’ ironia che deve aver conquistato Vattimo quando si sentì proporre la candidatura. Quando non immaginava di dover litigare col giornale più vicino ai Ds: «Hanno fatto credere che portassi voti a destra ed hanno creato dubbi sulle persone anziane. Mai nessuno aveva alluso, anche se tutti sapevano. Arriva l’ Unità e, chiedendosi se qualcuno parla di Vattimo come un frocio, lo sbandiera ai quattro venti. Com’ è successo con le fotocopie dell’ articolo distribuite ai bar, sottolineate guarda caso su quelle righe». Una rottura. Non solo per la Chiesa, con i parroci allarmati dal rischio perdizione. Anche per le «chiese» di partito. Compresa quella dell’ ex eurodeputato, subito diffidente su certi metodi dei «boss» locali. E chiama così pure i dirigenti di partito: «Per me in inglese “boss” significa “capo”. E lì così li chiamano. Spero non mi querelino. Sono vendicativi. Ho scoperto un certo familismo, una sorta di diffusa mafiosità scattata per scatenare una serie di equivoci sul mio conto». Frattura pesante per il filosofo che ieri sera ha comunque conquistato due seggi in consiglio comunale e dovrà adesso decidere cosa fare di quell’ 11 per cento. A destra o a sinistra? E, vuoi o non vuoi, si torna comunque al quesito de l’ Unità. Ma nemmeno Morrone ha avuto una risposta ieri sera dal professore, stanco: «Voglio guardare la partita della Juve stasera, domani ne parliamo». Felice Cavallaro